Un bambino con diagnosi di ADHD può avere difficoltà in diversi aspetti, da quello emotivo e di relazione con i pari, al rapporto con i genitori, passando per difficoltà a scuola. Questo avviene perché il bambino è sempre inserito in un sistema, di conseguenza, non possiamo pensare di risolvere la situazione intervento solo su un nodo di questo sistema, ossia lavorando solo sul bambino. Se vogliamo usare una metafora, non è ha senso pensare che il bambino è “rotto” e noi dobbiamo aggiustarlo; dobbiamo piuttosto concettualizzarlo come un sistema non in equilibrio in cui dobbiamo agire su tutti gli aspetti. È come quando facciamo il letto: non possiamo tirare il lenzuolo tutto verso un angolo, dobbiamo sistemare una parte, andare dalla parte opposta, sistemare l’angolo, ritornare al punto iniziale, e via dicendo.

Al di là delle metafore, alla domanda “perché fare il parent training” la risposta può essere meno poetica e più pratica: perché gli interventi sono più efficaci. Diversi studi hanno dimostrato come il parent training aumenti l’efficacia di qualsiasi tipo di intervento nei bambini con ADHD

Il parent training segue uno schema logico che parte dalla comprensione del problema per spostarsi poi sulle tecniche per gestire gli aspetti di difficoltà nella gestione del bambino.

Il percorso ha una durata di 8 incontri e si può svolgere individualmente o in gruppo.

Incontro 1: Conoscere l’ADHD

Il primo passo è lavorare con i genitori per comprendere l’ADHD. Un genitore molte volte si ritrova con la diagnosi di ADHD, è riuscito a capire bene o male di cosa si tratta, ma non ha avuto modo di comprendere appieno il disturbo. Nella prima fase del parent training lo psicologo descrive le caratteristiche specifiche del disturbo, sia quelle più conosciute, come il deficit nell’attenzione e l’impulsività, sia quelle di cui si parla meno, come la scarsa motivazione o le difficoltà a gestire alcune emozioni (come rabbia, frustrazione, vergogna, ecc.). Allo stesso tempo, si condividono con i genitori due questionari per tenere sotto monitoraggio i cambiamenti dei loro figli. La parte sulla valutazione dei comportamenti del bambino è fondamentale: senza una misura più oggettiva, si rischia di far passare sotto soglia i cambiamenti che il bambino sta portando avanti.

Incontro 2: Conoscere il cambiamento

Successivamente, il focus si sposta sui genitori, per capire quali sono i loro pensieri e i loro comportamenti rispetto al figlio.  I pensieri e, in generale, il modo di vedere il proprio figlio non sono tutti uguali, ci sono modalità che sono più utili di altre. Non si danno giudizi, ci si focalizza sull’efficacia e su come rendere i propri pensieri e comportamenti più utili e affini alle difficoltà del proprio figlio.

Incontro 3: Conosciamo il problema

Dopo aver parlato dell’ADHD in generale e delle strategie dei genitori, si uniscono le considerazioni fatte per riflettere sulle peculiarità specifiche del proprio bambino e del rapporto che si crea tra nell’interazione tra genitori e figlio. Per farlo, lo strumento migliore è l’analisi funzionale. L’analisi funzionale consiste in un semplice schema dove i genitori segnano gli antecedenti, il comportamento problema e le conseguenze. Inquadrare il comportamento in un “prima” e un “dopo” permette ai genitori di trovare un significato ai comportamenti problematici del proprio figlio.

Dopo questa prima fase, si inizia a lavorare sulle tecniche di gestione dei comportamenti del bambino.

Incontro 4: Le tecniche di gestione del comportamento

Il punto di partenza è semplice, ma molto forte: prevenire è meglio che curare. I genitori approfondiscono l’importanza di stabilire un ambiente prevedibile, con regole chiara e una routine stabile. I genitori lavorano anche sul concetto di gratificazione, ossia di come utilizzare il rinforzo positivo per consolidare i comportamenti che il bambino non ha ancora interiorizzato. Un aspetto su cui si lavora con i genitori è il “tempo privilegiato” (clicca per l’articolo collegato), ossia un momento quotidiano che gli adulti dedicano al gioco con il figlio; si parla di una decina di minuti, una quantità di tempo che chiunque può prendersi senza stravolgere le proprie routine.

Incontro 5: Individuare i comportamenti negativi

Dopo questa parte, i genitori lavorano sul trovare i comportamenti palesemente negativi del proprio figlio, stando attenti a non cadere nella trappola del fare “di tutta l’erba un fascio”. Una volta identificati, le strategie principali sono quelle dell’ignorare i comportamenti lievemente negativi e di punire quelli gravemente negativi; quando queste strategie sono consolidate, si amplia il bagaglio di strumenti dei genitori, ad esempio con la tecnica del time out o del costo della risposta.

Incontro 6: Giocare in anticipo

La parte successiva del parent training si focalizza sull’agire d’anticipo: per poterlo fare, è fondamentale avere bene chiari in mente sia le situazioni dove è più probabile si manifestino comportamenti problematici, sia le conseguenze di questi comportamenti. Lo strumento che viene utilizzato è l’analisi funzionale, ossia uno schema molto semplice dove vengono indicato il comportamento problema inserito in un’antecedente e in una conseguenza. In questo modo, i genitori possono farsi un’idea più precisa del significato che il comportamento ha per il bambino. A questo punto, si può iniziare a lavorare sui piani, ossia delle strategie più organizzate che il genitore può mettere in atto di fronte ad un comportamento problematico del bambino.

Incontro 7: Il modello genitoriale

I bambini imparano non quello che i genitori dicono, ma quello che i genitori fanno. In questa fase, si riflette con i genitori sulle loro difficoltà nella gestione del bambino e si lavora sul rendere l’applicazione dei piani di intervento una strategia costante della loro routine quotidiana.

Incontro 8: Cosa abbiamo imparato?

Dopo un breve riassunto delle tecniche imparate, i genitori riflettono sui cambiamenti che hanno visto nel bambino e sulle strategie che hanno utilizzato per ottenerli. Questa fase è molto importante, perché molte volte si tende a focalizzarsi sugli aspetti negativi, mentre i risultati positivi vengono passati in sordina. Nella fase finale, i genitori condividono i risultati ottenuti e fanno un quadro realistico delle loro aspettative per il futuro, elaborando nuovi piani che applicheranno a casa.

In conclusione, il parent training dell’ADHD è un’occasione molto importante per i genitori, perché permette di riflettere sui comportamenti di loro figlio, di dar loro un senso e di trovare strategie efficaci per gestirli.

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